Le sue caratteristiche

Il punto di partenza del Dachengquan è lo studio della postura e del rilassamento, nella convinzione che questi creino le premesse affinché il qi e il sangue circolino liberamente senza ostruzioni.

Ogni posizione deve diventare confortevole e permettere di passare da uno stato di rilassamento ad uno di tensione con estrema scioltezza e naturalezza.

Questa parte è la chiave tanto per la meditazione che per i successivi passi dell’allenamento.

Dalle posture si passa allo studio del movimento elastico interno attraverso movenze lente che ricordano il Taijiquan fino a cominciare a lavorare sui passi, che devono essere leggeri, felini e densi.

Gli spostamenti e i cambi nei movimenti si ricollegano un’altra scuola della corrente interna, il Baguazhang.

Quando le posizioni e i movimenti raggiungono un buon livello si comincia a modificarne il ritmo, concatenandoli tra loro liberamente in una specie di “danza istintiva”. Nella danza troviamo anche molti elementi tratti dallo Baihequan (stile della gru bianca)e dallo Xinyi Liuhebafa (stile del cuore e mente delle sei armonie e degli otto metodi).

L’emissione di forza ricorda invece lo Xingyiquan, base di studio del Fondatore del Dachengquan Wang Xiangzhai.

Gli sforzi di Wang Xiangzhai furono volti ad un ritorno al senso della pratica tradizionale delle arti cinesi alla luce delle nuove scoperte scientifiche.

L’arte marziale deve essere anche scienza, mirare a sviluppare l’essenziale e dare continua possibilità  d’evoluzione.

Il Dachengquan deve quindi al contempo preservare la salute, coltivare una progressione efficace per il combattimento reale, essere metodo d’evoluzione e d’elevazione dello spirito.

Secondo Wang Xiangzhai la semplice ripetizione meccanica delle forme non permette nel tempo al cervello e al pensiero di dirigere correttamente i movimenti; di conseguenza muscoli, tendini e articolazioni non svolgono il loro compito correttamente.

Nel Dachengquan si parte inoltre dalla constatazione che l’essere umano ha perduto il naturale rapporto con se stesso e la natura, soffocando la propria energia vitale e la salute: deve quindi darsi degli strumenti di osservazione e un percorso per riscoprire tale rapporto.

In Cina questa disciplina è praticata in diversi ospedali come tecnica per aumentare la risposta nella difesa immunitaria dell’organismo o facilitare il ripristino energetico post-operatorio; è anche praticata da persone sane che vogliono aumentare il loro livello di vitalità  e di forza e dai circoli di pugilato cinese o di Taijiquan per aumentare l’efficacia della loro disciplina.

Il punto di vista di Wang Xiangzhai sulla pratica marziale e sull’evoluzione di molte scuole tradizionali era chiaro: esse stavano deviando dalla Via (Dao ?), illudendo i praticanti che lo studio preordinato di tecniche formali potesse incrementare la capacità  reale, quando invece è dalla spontaneità  dei movimenti e dalla libertà  di spirito che nascono le vere risposte: come si possono infatti stabilire a priori le reazioni dell’avversario? Le applicazioni rigide e prestabilite in combattimento restano perciò illusorie e di dubbia utilità.

Quanto ai contenuti marziali, la priorità  nel Dachengquan è l’ottenimento dello zhengti (“corpo integrato”), porta d’accesso al fa-li o forza esplosiva.

Gli esercizi a due del Dachengquan ricordano in parte quelli del Taijiquan e, per alcuni aspetti, il Wing Chun e il Baihequan (famose scuole del sud della Cina).