Il praticante

Chi pratica yi quan (o dacheng quan, altro nome della disciplina) è, innanzitutto, una persona che affronta un cammino personale e decide di ricavare un proprio spazio personale alla pratica.

Quando dico “spazio personale” non alludo solo all’ovvio spazio fisico e di tempo che egli decide di dedicare alla pratica nell’ambito della settimana ma, anche e soprattutto, ad uno spazio interiore che egli dedica all’ascolto delle proprie meccaniche fisiche, emozionali e mentali; l’yi quan funge allora da guida o da servomeccanismo per addentrarsi nei meandri della propria interiorità .

Perché l’yi quan? Perché fa appello alla semplicità  e si riallaccia alle risposte istintive soggiacenti, evitando di ricorrere a sistemi complicati e artificiosi.

Come affermava Wang Xiang Zhai “ciò che vale per la meditazione vale anche per le arti marziali”.

La naturalezza è il primo criterio per capire se la propria pratica sta andando nella giusta direzione.

Quando la mente comincia a complicare le cose, il praticante di yi quan torna al silenzio mentale e all’ascolto.

L’yi quan si basa sull’integrazione di stimoli apparentemente contraddittori, per cui il praticante sa spontaneamente che ogni cosa è relativa e che lo stesso stimolo può avere obiettivi e risultati diversi, se applicato a diversi contesti; questo approccio permette di evitare estremismi nella pratica o prese di posizione assolutistiche.

L’yi quan si basa inoltre sull’unione dell’aspetto fisico, emozionale e mentale: lo spirito deve emergere dalla pratica fisica, dove si tengono i piedi ben ancorati al suolo.

Potremmo dire “radici affondate nel terreno e spirito alto in cielo”.

L’allenamento fondante dell’yi quan è la pratica dello zhan zhuang (posizione del palo o dell’albero), ovvero sia la riorganizzazione percettivo-posturale. Questo primo passo è studiato e allenato da sdraiati, sul fianco, da seduti e in piedi, evitando posizioni complicate o innaturali ma procedendo dal facile al difficile.

In questo modo si allena tanto sia il corpo, così rinforzato attraverso le posture, che la mente, regolarizzando le onde cerebrali e arrivando a sperimentare stati di coscienza propri della meditazione.

In tal modo si rigenera l’intero organismo e lo spirito vitale emerge spontaneamente.

Come dicono i taoisti “Non è la Via che sfugge gli uomini, sono gli uomini a sfuggire la Via”.