Il nostro approccio
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G.A.I.A. : Ginnastica antalgica integrata attiva
– Principali caratteristiche –
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Universalità delle proposte
La ginnastica antalgica può essere proposta a persone di ogni età , in quanto fa appello alla capacità di apprendimento e ascolto insite in ognuno.
Per consentire una maggiore incisività i nostri corsi normalmente si orientano però verso un’utenza adulta: questa scelta è dovuta al maggiore interesse che gli adulti hanno per il loro stato di benessere e il bisogno di darsi strumenti per migliorare il rapporto con la propria corporeità.
Con l’andare avanti degli anni i dolori spesso aumentano e ci si pone il problema di come stare bene da adesso in poi…
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Obiettivi delle proposte
Aumentare lo stato di consapevolezza corporea espandendo le possibilità espressive del movimento, accrescere il repertorio gestuale e, soprattutto, migliorare la funzione di ogni movimento attraverso una maggiore cooperazione dell’intero organismo.
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Flessibilità del corpo, flessibilità dello spirito
Stimoliamo la flessibilità, la capacità d’adattamento spontaneo del corpo e la riorganizzazione posturale attraverso ondulazioni e dondolii, contrazioni isometriche, allungamenti muscolari (stretching), esercizi di coordinazione, tecniche di rilassamento e di abbandono delle tensioni muscolari residue… in uno stato di disponibilità personale che facilita l’ascolto e la percezione interna.
Il corpo, la mente, le emozioni e l’energia sono in continua evoluzione, sta a noi accompagnare questi cambiamenti indirizzandoli in modo positivo.
Ogni persona attraversa fasi alterne nel corso della propria vita: il movimento corporeo, la percezione interna e lo stato di ascolto possono mitigare gli spigoli personali favorendo la riscoperta di nuovi equilibri e di una maggiore naturalezza.
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Il corpo, strumento e centro di vita
Il corpo non è solo uno strumento da usare, è il fulcro vitale di ciascuno.
Il nostro punto di vista è condizionato dal nostro corpo, che ci trasmette continui segnali. Corpo, emozioni e mente sono aspetti diversi della stessa entità.
Il corpo è espressivo e vivente, siamo coscienze incarnate.
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Dolore e piacere
Dolore e piacere sono il costante binomio che accompagnano la condizione umana.
Non crediamo nel valore educativo del dolore: non è il dolore a far crescere, è la reazione al dolore che semmai può fare la differenza.
Altrimenti potremmo adottare le bastonate come sistema educativo!
No, le bastonate fanno male e basta, è la capacità di reagire alle bastonate che permette di rendere positive anche esperienze in sé negative.
Si cresce con la consapevolezza, non con la paura, il dolore e la coercizione.
Questi ultimi, semmai, sono strumenti di controllo per tenere schiacciate le possibilità espressive.
È chiaro quindi il motivo per cui cerchiamo di amplificare le sensazioni piacevoli attraverso l’approccio al movimento: riorganizzare la percezione della persona perché renda abituali sensazioni corporee piacevoli che vadano a sostituirsi progressivamente alle sensazioni sgradevoli ormai instaurate e rese abituali.
Si è portati a muoversi solo se farlo crea una risonanza gradevole nell’organismo, altrimenti si tenderà a farlo sempre meno per sfuggire al dolore e alla fatica.
Quindi non si porrà mai abbastanza l’accento su quanto sia importante cogliere l’aspetto piacevole del movimento e nel consolidare questo aspetto in modo permanente, attraverso la riscoperta del movimento naturale, ossia di quel movimento che avviene senza sforzo, come di moto proprio, e che ingenera un’onda di sottile piacere nel corpo.
Il movimento naturale può essere facile o impegnativo, ma avviene “lasciando andare”, “agendo senza agire”, cioè con la facilità di un ingranaggio ben oliato e calibrato. In questa ottica è quindi importante cogliere la differenza tra impegno, inteso come intensificazione di qualcosa che scorre di per sé nel modo giusto, e sforzo, ossia di forzatura di qualcosa che non scorre ma che si vuole comunque ottenere.
Nel primo caso è come inserire la marcia per aumentare la potenza in un’auto che scende lungo una leggera pendenza in discesa, nel secondo caso è come inserire la marcia per andare in salita: la tendenza naturale dell’auto sarebbe quella di retrocedere, attraverso lo “sforzo” la facciamo salire.
Quindi nel procedere degli esercizi bisogna cercare di porsi sempre più nel naturale senso dell’impegno e sempre meno in quello controcorrente dello sforzo.
Far capire questo al corpo e accettare il fatto che prima di aggiungere potenza occorre “togliere il freno a mano” richiede un certo tempo e molta disponibilità, anche se alcune persone colgono da subito il senso dello studio e scoprono molto rapidamente i benefici di questa filosofia del movimento.
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Dolore, sofferenza e assenza
La sofferenza è qualcosa dalla quale chiunque cerca di sfuggire, perché non è piacevole né confortevole. Da notare che dolore e sofferenza non sono la stessa cosa, ci sono persone disposte a sopportare molto dolore, ma incapaci di reggere alla sofferenza interiore. Purtroppo, che piaccia o meno, pare che la condizione umana si sorregga in larga parte sul principio della sofferenza, dalla quale religioni e filosofie hanno a più riprese cercato e proposto possibili vie d’uscita o almeno, di minore alienazione.
Da notare, inoltre, che spesso tendiamo ad essere gli artefici della nostra stessa sofferenza, mantenuta tenacemente perché è l’unica risposta che inconsciamente diamo al nostro mal di vivere.
Eliminare una fonte di sofferenza non è un po’ come far morire un modo di essere legato a quella sofferenza? Smettere di fumare non è solo eliminare una brutta e dannosa abitudine, ma decidere di abbandonare, e quindi far morire, quella parte che si identifica con l’abitudine al fumo, le sensazioni che accompagnano l’atto del fumare, il modo di sentirsi.
In altri termini ogni cambiamento comporta trasformazione e abbandono, accettare una “piccola morte” per consentire una “nuova vita” e, come ben sappiamo, è difficile lasciare il certo, sia pure dannoso e tossico, per l’incerto.
A meno che uno non sperimenti, giorno per giorno, la possibilità e la sensazione di una nuova vitalità che gli faccia capire nel profondo quanto meglio potrebbe effettivamente stare, facendogli abbandonare senza rimpianti vecchie abitudini.
Quello su cui vogliamo ora mettere l’accento è il malessere fisico, causato da precise condizioni di alterazione dell’equilibrio naturale.
Quando non si prova dolore? Di solito quando il corpo è veramente libero e in condizioni di piena funzionalità o, viceversa, quando la condizione di “rigidità antalgica” è tale da occultare anche il dolore.
Da questo si deduce che spesso, quando si comincia a smuovere un equilibrio alterato ma funzionale, dolori e fastidi che prima non si sentivano appaiono.
Magari un dolore cronico scompare o si attenua, in compenso saltano fuori dolorini “che si spostano” lungo il corpo: qualcosa di più leggero ma comunque fastidioso e non bene identificabile che si insinua nei meandri dell’organismo, come una sorta di sorda ribellione ai cambiamenti che si fanno strada nell’organizzazione corporea.
Questi fastidi emergenti sono destinati a scomparire con il progredire della pratica, proprio perché dipendono dal fatto che il corpo inizia finalmente a risvegliarsi e a trovare nuove soluzioni, tutto l’organismo non sa ancora come organizzarsi al meglio e tende a frenare il cambiamento se lo sente potenzialmente pericoloso.
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Procedere verso la naturalezza
Bisogna quindi agire con calma, senza pretendere grandi cose, lasciando che il corpo trovi in modo naturale la strada corretta. Non si fa altro che ricordare all’organismo quali siano gli imput corretti, quali le possibilità alternative di movimento, quale possa essere la piacevole sensazione del rilassamento e del corretto allineamento sperimentato a piccoli gradi e con i giusti gradienti.
Non esiste il corpo perfetto, esiste chi si avvicina maggiormente ad un’organizzazione ideale e chi invece se ne allontana di più.
“Il corpo perfetto” è una dimensione personale, ognuno raggiungerà una condizione di maggiore sintonia e funzionalità, e con questo il piacere rinnovato di sentirsi a proprio agio in un corpo senza età.
Per assurdo, la condizione “normale” alla quale aspirare dovrebbe essere la condizione in cui il corpo “non si sente”, come se galleggiasse nell’aria: la testa leggera e vuota come tra le nuvole, il tronco fluido e libero come se si muovesse “senza ossa”, gli arti sciolti e flessibili, i piedi ben radicati nella terra.
Quando la condizione è quella descritta, la sensazione è di essere un tutt’uno senza blocchi, ci si muove in modo integrato e senza spigoli, l’energia è rigogliosa e si manifesta senza sforzo, il senso di vitalità è acuto, i confini del corpo sembrano perdersi nella natura.
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Possibili motivi del dolore
I motivi per cui si prova dolore fisico possono essere diversi.
Ogni persona ha la propria storia, unica e irripetibile, tuttavia i meccanismi fisici spesso si ripetono.
Di seguito ne analizziamo brevemente alcuni.
L’accorciamento della catena muscolare: i muscoli si organizzano in catene che rispondono alla forza di gravità. L’ipertono muscolare determinato dal sistema nervoso o l’accorciamento muscolare di alcuni “anelli” della catena modificano l’assetto posturale e determinano usura, dolori e altri problemi correlati.
L’accorciamento può essere determinato da un uso continuo e ripetitivo di alcuni muscoli, o dal continuo ricorso ad esercizi di forza concentrica non riequilibrati da altrettanti esercizi d’allungamento muscolare e rilassamento.
L’eccesso di tensione nervosa, l’insoddisfazione, la paura, le emozioni forti o ripetute, la rabbia, l’ira, la tristezza, anche l’eccesso di gioia, le fissazioni mentali, che tendono a fissarsi fisicamente nel corpo contorcendolo e modificando la sua risposta alla forza di gravità.
La tendenza delle fasce di connettivo, che avvolgono l’interno dell’organismo in ogni meandro come una rete, a incollarsi e ad aderire a muscoli e tendini:
traumi muscolari, incidenti, operazioni chirurgiche, infiammazioni ripetute, problemi biochimici come le mialgie o le artrosi, costante sovraccarico funzionale di alcuni segmenti corporei, calcificazioni tendinee, … possono creare ostacoli, trigger points, cicatrici e aderenze che limitano il libero scorrimento del movimento e provocano dolore.
Il continuo carico sulla colonna vertebrale: la stazione eretta e seduta mettono sotto carico la colonna, contribuendo a ridurre lo spazio tra i dischi intervertebrali.
I dischi hanno un nucleo polposo che, a riposo distesi in decubito, si rigenerano rigonfiandosi di liquido. Quando ci si alza, la forza di gravità riprende a comprimere la colonna prosciugando progressivamente il disco.
Quando questo meccanismo fisiologico di rigenerazione è reso difficile dal costante sovraccarico o da abitudini posturali scorrette i dischi restano compressi e possono protundere all’esterno, se non addirittura erniarsi.
Da questi semplici e non esaustivi esempi si può comprendere come molti dei problemi fisici siano dovuti a compressione, disallineamento corporeo, eccesso di tono nervoso, accorciamento muscolare.
Cose affrontabili e spesso migliorabili attraverso un corso di ginnastica correttamente condotto.
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Abbigliamento necessario
È sufficiente una semplice tuta ginnica e un paio di scarpette leggere pulite da poter togliere all’occorrenza, accompagnati da un asciugamano da spiaggia e un tappettino da ginnastica.
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Ausili e strumenti
Per facilitare lo studio e ampliare le possibilità percettive, di volta in volta possono essere usati piccoli accorgimenti e ausili, come palline di varia misura e consistenza, rotoli, elastici, sedie e pareti…
Lo stesso esercizio, studiato in modalità diverse, cambia la qualità dell’informazione che il corpo riceve.
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